Sempre a proposito di quello che dicevamo ieri, ovvero 'fatti e non parole', mentre in Italia si cincischia con polemiche veramente inutili, e strumentali, dall'estero, dal resto del mondo occidentale arrivano testimonianze di gente che si attiva, che fa fatti, e che prova a muoversi di fronte allo sterile trend apocalittico, che sembra aver addormentato da noi molte coscienze, in fatto di ambiente.
Così arriva dall'america una notizia che riguarda uno de più grandi colossi della Rete, Google. Vi riporto integralmente qui sotto l'ottimo pezzo scritto da Gabriele De Palma per www.corriere.it
Google svolta decisamente verso il verde, e annuncia, come riporta il New York Times, un'iniziativa mirata allo sviluppo di forme di energia rinnovabili. Il progetto prende il nome di «Energia rinnovabile meno dispendiosa del carbone», sintetizzata nella sigla RE C(renewable energy cheaper than coal) e prevede sostanziosi investimenti da parte della società fondata da Brin e Page. Centinaia di milioni di dollari verranno spesi per assoldare esperti di energie alternative nella speranza di trovare fonti di approvvigionamento energetico più pulite e meno costose di quelle attuali basate sui combustibili fossili.
FILANTROPIA E UTILE - Commentando l'iniziativa, Larry Page ha dichiarato: «Nonostante ci siano alcune tecnologie utili alle energie rinnovabili (eolica, geotermica e solare) sento parlare del tema molto meno di quanto vorrei». Di qui la decisione di impegnarsi in un settore strategico e assai dispendioso. L'annuncio è condito da molte belle parole sul futuro del Pianeta e la responsabilità aziendale ma ancora una volta non bisogna considerare la scelta di Google frutto esclusivamente di un gesto benevolo nei confronti dell'umanità e del pianeta. Il motivo alla base di RE C è utilitaristico: Google possiede molti data center, in cui vengono svolte tutte le operazioni necessarie all'erogazione di servizi online. I costi energetici dei data center sono una delle voci più incidenti sul bilancio aziendale, e non è mistero che la grande G scelga i Paesi in cui insediare i propri centri di elaborazione dati in larga misura in base al costo dell'energia elettrica. Per avere un termine di paragone, si pensi che un data center composto da diecimila server consuma energia quanto un comune di mille abitanti. Nonostante le perplessità degli analisti finanziari di Wall Street - che hanno storto il naso all'annuncio e ritengono che Google abbia fatto il passo più lungo della gamba - se gli investimenti nella ricerca di energia rinnovabile avranno buon esito il ritorno sarà notevole. Non è un caso infatti che altre aziende hi-tech si stiano muovendo nella stessa direzione. Recentemente il produttore di hardware HP ha installato un impianto a energia solare (un megawatt) nello stabilimento di San Francisco e prenotato la fornitura di 80 gigawatt/ora in Irlanda per il 2008.
STRATEGIA - Per progredire il più velocemente possibile in questo nuovo e insidioso mercato, a MountainView hanno deciso di procedere come al solito: gli investimenti sulla ricerca (che avverrà negli stabilimenti di ricerca e sviluppo di Google) e le acquisizioni delle realtà più innovative in campo energetico. La costola filantropica dell'azienda (google.org) si preoccuperà infatti di acquisire le migliori start-up del settore. E sta già collaborando con due di queste: la eSolar, che ha sviluppato un sistema di specchi per concentrare l'energia solare e generare così il vapore per alimentare dei generatori elettrici; e la Makani Power, che sta lavorando allo sviluppo di particolari turbine che catturano i venti, più violenti e costanti, presenti in alta quota.
Gabriele De Palma