lunedì 22 ottobre 2007

Le riserve di Petrolio in picchiata.



La fonte è assai autorevole, e mette la parola fine su molte delle illazioni che hanno circolato nei mesi scorsi.


Chi si preoccupa delle sorti del nostro pianeta, e dell'uso sempre più necessario, diremo anzi decisivo, ultimativo, delle fonti alternative, farà bene a segnarsi questi dati:


La produzione di petrolio mondiale ha raggiunto il suo picco nel 2006, e dovrebbe calare della meta' nel 2030.


Lo stima L'Energy Watch Group (Ewg), secondo cui sara' difficile soddisfare la domanda nonostante il crescente sfruttamento delle altre energie fossili, il ricorso al nucleare e alle fonti alternative (evidentemente assai poco sviluppate ancora su scala mondiale).


Secondo l'Ewg, il mondo ha prodotto 81 mln di barili al giorno nel 2006. Nel 2020 dovrebbe produrne 58 mln e arrivare a soli 39 mln nel 2030.


Come faremo ? In fondo, mancano soltanto 23 anni !

mercoledì 17 ottobre 2007

Santa Sede: sì all'energia nucleare, no alle armi.

Dalla Santa Sede un nuovo appello contro la proliferazione delle armi nucleari. L'energia nucleare, è questa la posizione da tempo del Vaticano, è una risorsa importante, ma ogni utilizzo dell'energia nucleare a fini bellici è da condannare senza appello.
"La Santa Sede esorta tutte le autorita' politiche e la societa' civile a rifiutare le armi
nucleari", ha detto l'arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all'Onu, che e' intervenuto alla Commissione per il disarmo e la sicurezza
internazionale del Palazzo di Vetro oggi
.

La Santa Sede, ha assicurato, "garantisce il suo sostegno all'Agenzia dell'Onu per l'Energia Nucleare, ribadendo l'urgenza di un uso pacifico e sicuro della tecnologia nucleare per uno sviluppo rispettoso dell'ambiente e delle popolazioni piu' svantaggiate". Nessuno
Stato membro del Trattato di non proliferazione, ha sottolineato l'arcivescovo, deve abusare "del suo legittimo diritto a sviluppare l'energia nucleare per scopi pacifici" al fine di produrre armi nucleari. L'osservatore vaticano ha, quindi, ribadito che "devono essere utilizzati tutti gli
strumenti della diplomazia per disinnescare quelle crisi" scaturite "dai tentativi di alcuni Paesi di acquisire le capacita"' di costruire armi atomiche. E sempre attraverso la diplomazia, ha affermato il presule, vanno dissuasi quegli Stati che sembrano voler incamminarsi su questa strada pericolosa.

Un intervento militare in questi casi, ha avvertito, "potrebbe solo peggiorare una situazione gia'
delicata e potrebbe portare ad una conflagrazione con nuove immense sofferenze ad un'umanita"' che gia' porta il peso delle devastazioni della guerra. Le Potenze nucleari, ha
aggiunto, "hanno una particolare responsabilita"' per costruire un mondo libero delle armi atomiche. Secondo il rappresentante vaticano, "il disarmo nucleare e la non
proliferazione possono rinforzarsi o indebolirsi vicendevolmente". Per questo, ha sottolineato ancora, entrambi sono un "imperativo" per il pieno adempimento del Trattato di
Non Proliferazione, ancora "in gran ritardo, come l'inizio dei negoziati per il bando sulla produzione di materiale fissile".
La Santa Sede, ha aggiunto, ritiene che le armi nucleari violino ogni aspetto della legge umanitaria. Sono, infatti, un affronto alla salvaguardia del pianeta, che puo' essere
distrutto da questi armamenti.
Nel suo intervento, mons. Migliore ha anche posto l'accento sul rischio che queste armi possano finire nelle mani dei terroristi, auspicando una
conferenza internazionale su questo tema, da tenere nel 2009.

lunedì 15 ottobre 2007

Agli italiani piace l'eco-sostenibile. I dati Tandberg.


Sono stati appena resi noti i dati di una ricerca che Ipsos Mori ha realizzato per conto di Tandberg su un campione di oltre 16 mila individui in 15 paesi dei 5 continenti e resa nota da Il Sole 24 ore.


Gli italiani, da questo sondaggio si rivelano - almeno a parole - tra i più sensibili nel 'premiare' attività industriali e imprenditoriali che tengano conto nei loro processi lavorativi del 'fattore ambientale.'


Ancor più degli italiani (33%), sono sensibili all'eco-compatibilità i cinesi (lì il problema dell'inquinamento è devastante) e gli australiani. In Europa, generalmente, il problema è meno avvertito, ma i consumatori italiani occupano un buon terzo posto alle spalle di Svezia e Paesi Bassi.


La maggioranza del grande pubblico (53%) tende a preferire negli acquisti la società ecologista. Nel campione sono massicciamente rappresentati i dipendenti aziendali. Ebbene, più dell'80% di questi , italiani compresi, preferirebbero lavorare per aziende "verdi".


Un dato qualificante viene dal fatto che i soggetti intervistati si dichiarano molto preoccupati della reputazione ambientale dell'azienda per la quale lavorano, cosa che suggerisce una certa partecipazione emotiva nei confronti delle politiche ambientali della propria azienda. Per capire meglio quanto questo aspetto sia diventato importante, la ricerca come i potenziali dipendenti preferiscano di gran lunga andare a lavorare in un'azienda "verde".


I cacciatori di talenti sono avvertiti.A questo punto, la domanda è d'obbligo: come fare perché le aziende siano più responsabili verso l'ambiente? Gli italiani ritengono che le iniziative più azzeccate siano i programmi di riciclaggio (49%), la produzione di materiali ecologici (39%) e la riduzione delle emissioni (39%).Infine, anche la riduzione dei viaggi di lavoro può essere un mezzo utile per ridurre, oltre che lo stress, le emissioni (auto e aerei) e proteggere l'ambiente.


Come ridurre i viaggi? Ad esempio, adottando le soluzioni di videocomunicazione. Chi lo ha fatto, sembra abbia guadagnato in produttività e qualità della vita.

venerdì 12 ottobre 2007

Al Gore vince il Premio Nobel per la Pace



Dunque Al Gore, come ampiamente preventivato, vince il Premio Nobel per la pace 2007 insieme al Comitato intergovernativo
dell'Onu per i cambiamenti climatici (Ipcc).

La motivazione ufficiale parla di premio assegnato per "i loro sforzi nel creare e diffondere una maggiore consapevolezza sugli effetti dell'azione umana sui cambiamenti climatici e per aver gettato le fondamenta delle misure necessarie per contrastare tali cambiamenti".

La popolarità di Al Gore come paladino della questione ambientale planetaria è esplosa dopo la realizzazione e il successo mondiale del film-documentario "Una scomoda verità" sul surriscaldamento terrestre.

Al Gore è un personaggio da sempre molto discusso, sempre al centro della ribalta, da quando nel 2000 perse - veramente per una manciata di voti, e per l'oscura vicenda dei seggi in Florida - la contesa elettorare contro George W. Bush.

Proprio mentre l'Accademia Reale di Stoccolma si accingeva a conferire il premio a Gore, nelle stesse ore si riaccendeva, stranamente, la polemica in America su quella contestatissima elezione.

Con nuove rivelazioni, secondo cui dietro la sconfitta di Gore nel 2000 ci sarebbe l'ex first lady Hillary Clinton, che all'ultimo momento avrebbe tolto fondi e spazio con la sua campagna in Senato.

Sul New York Times è uscita una pagina intera di pubblicità da parte di un comitato di fan (piuttosto danarosi, sembra) per convincere Gore a tentare nuovamente la sfida. E molti osservatori americani ritengono che nell'eventualità di una sua vittoria del Nobel - oggi concretizzatasi - le pressioni per una nuova candidatura diventeranno irresistibili.

Certo una candidatura di Gore sarebbe destinata a scompaginare del tutto il fronte democratico alle elezioni, già diviso tra Obama e Clinton.

Intanto ieri An Inconvenient Truth, il film-documentario di Al Gore è stato pesantemente stroncato dall'Alta Corte di Londra, che in un pronunciamento sollecitato da un camionista del Kent, padre di due studenti, ha decretato che l'opera di Gore contiene delle "non verità sconvenienti", e che pur essendo il film "largamente accurato", propone informazione "in un contesto di allarmismo ed esagerazione " delle cause e degli effetti del cambiamento climatico.

Insomma, Gore continua a far discutere, e farà discutere ancora parecchio...

lunedì 8 ottobre 2007

La Guerra della Meteorologia



Crediamo che sia sempre più importante, in questo clima di informazione omologata sul clima, tutta incentrata su un catastrofismo prossimo venturo, che sembra come paralizzare le nostre capacità di reazione, dare spazio alle voci eretiche, rispetto al pensiero dominante.
Una di queste è quella di Alessio Grosso, milanese, esperto di meteorologia, e previsioni del tempo, sicuramente una delle voci più autorevoli in questo campo, autore di diversi volumi divulgativi, l'ultimo dei quali, 'Apocalisse rossa' immagina scenari non così tanto fantasiosi, ma invece piuttosto inquietanti.
Questo è il suo nuovo articolo, che fa il punto della situazione sui cambiamenti climatici del pianeta.

Come pesci sul fondo dell'oceano siamo insensibili alla maggior parte delle cose che passano sopra le nostre teste. Esiste infatti un profondo scollamento tra il mondo accademico e la popolazione che assorbe quasi acriticamente tutto ciò che viene proposto dai media in tema di clima, ignorando le decine di saggi scientifici scritti con grande impegno ma con scarsi risultati per divulgare la materia.Da qui l’esperimento di fondere la narrativa con la scienza.
Ne è nato un nuovo genere letterario, il meteo-thriller, che ha avuto un inopinato successo di critica e di pubblico. Abbiamo sempre pensato, e probabilmente a ragione, che dietro il no di alcuni governi alla lotta per diminuire le concentrazioni dei gas serra ci fossero interessi politici e finanziari.Pochi hanno però indagato nel verso contrario.
Nessuno si è mai chiesto se dietro il quadro drammatico, dipinto da molta parte del mondo scientifico, che vede il Pianeta ormai votato al surriscaldamento e al peggioramento della qualità della vita, ci fossero altrettanti interessi privati.
Si pensi ad esempio ai finanziamenti per la ricerca, al business delle energie alternative, ma prima ancora dietro questo ambientalismo esasperato c’è l’ideologia, che vede l’uomo come un distruttore, la tecnologia come un cancro che divora il pianeta e così divinizza e glorifica la natura al tal punto da anteporre sempre e sistematicamente i suoi interessi ai nostri.Intendiamoci, chi non ama la natura?
Chi non ha visto nel no americano a Kyoto, la difesa dei propri interessi economici? Per ridurre le emissioni nel modo in cui è stato richiesto occorrono investimenti di milioni di dollari, quanti di noi oltretutto sarebbero disposti a rinunciare al benessere raggiunto solo perché la temperatura della Terra si alzerà di uno o due gradi?
Se è vero poi che ad ogni azione ne corrisponde una uguale e contraria è assai facile ipotizzare che la natura compensi prima o poi questo riscaldamento con una fase fredda (blocco corrente del Golfo, aumento dell’innevamento alle alte latitudini), tutto fa pensare che ci sia un’esasperazione nel discorso serra ed oltretutto molti sollevano il dubbio che sia l’aumento naturale della temperatura ad aver favorito l’accumulo di anidride e non il contrario, è il solito discorso dell’uovo e della gallina.
Perché oltretutto, ci si chiede, per giustificare le oscillazioni termiche e dunque i cambiamenti climatici non si chiamano mai in causa i cicli astronomici: variazione dell'orbita, inclinazione dell'asse terrestre, ciclo delle macchie solari, eventuali eventi catastrofici: in primis le eruzioni vulcaniche!In Apocalisse Nera il Presidente americano kenny Davenport avrebbe un'arma segreta di modificazione climatica che spiegherebbe il suo rifiuto di ratificare il Protocollo di Kyoto.
Sono queste le voci che si rincorrono nei palazzi della politica, di una certa politica, quella ovviamente legata alle posizioni di estrema sinistra, sostenute anche da alcuni parlamentari russi. Quanto c'è di vero in queste affermazioni? Ci sono realmente progetti volti a fare del clima una macchina da guerra più potente dell'atomica?
Ebbene APOCALISSE NERA prova a trasformare queste supposizioni, questi sospetti, in realtà e traccia scenari, neanche a dirlo, apocalittici, con la natura maltrattata che si ribella e con le prospettive di una carestia senza precedenti che travolge non solo l'economia ma le primarie fonti di sussistenza dei principali Paesi industrializzati, con il rischio di tornare ai tempi della clava e della pietra.La modificazione artificiale del tempo è un progetto che parte da lontano, dagli anni 60, ai tempi della guerra fredda.
Qualcuno proposte di bonificare le aree ghiacciate spruzzandogli sopra sostanze che assorbono la luce solare, ad esempio della fuliggine. Il fine? Promuovere ad aree agricole zone altrimenti abbandonate a sè stesse. Altra bizzarra proposta quella di spargere sugli specchi lacustri una pellicola chimica innocua ed insapore per impedire l'evaporazione dell'acqua ed averne così un maggior quantitativo a disposizione.
Ecco poi le bombe H utilizzate per spianare le montagne, ad esempio le Alpi, in modo da riorientare i flussi dei venti. Una delle più folli è sicuramente ascrivivile al russo Chernkov, che propose di usare navicelle spaziali per costruire un anello di polvere di Potassio intorno alla Terra simile a quello di Saturno. In questo modo si sarebbe realizzato il sogno dell'eterna estate con notevoli progressi agricoli.
Ora il controspionaggio russo pare abbia individuato un progetto ben più ardito e segreto, di cui nessuno però sa fornire le prove concrete: H.A.A.R.P. (High-frequency Active Auroral Research), cioè «programma di ricerca attiva aurorale con alta frequenza».Per la verità HAARP esiste davvero, le antenne installate in Alaska secondo la tesi ufficiale studierebbero la ionosfera per ottenere un miglioramento nelle telecomunicazioni; altre nazioni lo fanno, come la Russia o il Giappone e in Europa la Norvegia a Tronmso e l'Inghilterra a Steeplebush. Il sito americano si trova a Gakona, circa 200 km a Nord-Est del Golfo del Principe Guglielmo; il terreno fu scelto nel 1993 da funzionari dell’Air Force e sono stati impiantati ben 180 piloni d'alluminio.
Queste antenne sono capaci di trasmettere onde ad alta frequenza fino a quote di 350Km. La ionosfera è composta da materia rarefatta allo stato di plasma, cioè di particelle cariche (ioni), e ha la proprietà di riflettere verso terra le onde hertziane, in particolare nelle ore notturne e questo è molto utile per ascoltare le radio dei Paesi stranieri di notte in AM dato che la riflessione ionosferica permette ai segnali di scavalcare la curvatura terrestre. Quindi HAARP si propone questo progetto: miglioramento di radar, comunicazioni, sistemi geofisici per la ricerca di petrolio.
I russi da molti anni ritengono che gli Usa siano in grado di modificare il clima dell’Eurasia lacerando lo strato di ozono. Fra gli impieghi ufficialmente dichiarati del progetto HAARP vi è: la comunicazione militare con i sottomarini, che avverrebbe inviando segnali ad alta frequenza ed intensità, tanto da far vibrare la ionosfera (che funge come filtro dei raggi solari). Il segnale può anche essere usato per la tomografia di penetrazione del terreno (una sorta di radiografia della superficie) e quindi la rilevazione di attrezzature sotterranee, rifugi, strati differenziali geologici a diversi chilometri di profondità.
Si ritiene invece che quest'arma possa interferire con estese zone dell'atmosfera e quindi, secondo la logica militare, abbattere missili ed aerei. Rispetto al clima Haarp tace. Resta la nostra immaginazione: pensate dunque ad un NINO creato artificialmente dall'uomo, ad una modificazione della corrente del Golfo, ad una Nao stravolta, ad un nuovo regime barico, un'eccezionale piovosità in zone aride e al contrario siccità in altre notoriamente piovose? Se queste onde sono in grado di scaldare o comunque di produrre modificazioni molecolari in troposfera, allora è possibile che una zona di alta pressione venga rafforzata, che una perturbazione possa essere potenziata generando calore al suolo ed esaltando la crescita delle nubi cumuliformi responsabili dei rovesci temporaleschi.
Perchè allora non ricorrere ad una simile arma per attenuare gli effetti dell'effetto serra antropico e far risparmiare un sacco di miliardi agli Stati Uniti per adeguarsi alle restrittive misure pro ambiente adottate a Kyoto? Il buon senso ci induce a pensare che se fosse veramente così facile agire sul clima gli americani avrebbero tentato in ogni modo di frenare l'avanzata degli uragani che sempre più spesso minacciano le piattaforme petrolifere. Però una domanda sorge spontanea: vale proprio la pena somministrare delle medicine ad un malato (il clima) che è tale solo per l'uomo?
Il sole, salvo qualche pausa, è in una fase di dinamismo ma entro una trentina d’anni questa attività si attenuerà, e se a questo uniamo un parziale inceppamento della Corrente del Golfo e un ciclo di retroazione climatica negativa, ne avremo abbastanza per ritrovarci velocemente in una nuova era glaciale.Sembra un controsenso ma è così: più calore, più energia in gioco, più umidità a disposizione alle alte latitudini, proprio dove transiteranno sempre più frequentemente le perturbazioni.
Un aumento della quantità di precipitazioni fornirà maggiori apporti di neve fresca alla Scandinavia e al Canada. La neve fresca riflette la radiazione solare, dunque quelle terre si raffredderanno sempre di più, spingendo le loro masse d’aria gelate verso le latitudini più basse. Il freddo insomma prima o poi ci raggiungerà comunque. Solo che ora stiamo vivendo la fase calda che prima o poi farà scattare quel meccanismo di retroazione e temporaneamente rischiamo di entrare in una fornace, con esiti molto pericolosi e certamente imprevedibili… Dunque ben venga il richiamo al "principio di precauzione" invocato dagli ambientalisti e da molti scienziati. Nel dubbio meglio non immettere nell'aria tutta questa anidride.
Il punto è che le energie alternative non decollano e prima o poi ci si dovrà tornare a misurare con il nucleare, perché nessuno vuole rinunciare alla tecnologia e al benessere conquistato, costi quel che costi, questa è la cruda verità.

mercoledì 3 ottobre 2007

Estensione record della Banchisa dell'Antartide !



Un dato in totale controtendenza con gli allarmismi che ci arrivano da ogni dove. Ed è una notizia che proviene da una più che solida fonte scientifica, e ci sono riportate da Fabio Vomiero del sito www.meteolive.it.
Ottime notizie che arrivano per l’Antartide dall’Università dell’Illinois, che elabora e divulga i dati provenienti dal National Snow and Ice Data Center (NSIDC) del Colorado, Ente che fa parte della NASA, e che si occupa dello studio e del monitoraggio dell’intera criosfera terrestre.
Ebbene, questi dati evidenziano come la banchisa antartica abbia raggiunto intorno a fine settembre il nuovo record di estensione pari a 16,17 milioni di Km quadrati, superando così, seppur di poco, il precedente record di 16,03 milioni di Km quadrati stabilito nel 2005.
Risultato raggiunto in extremis, in quanto, dopo l’ottimo dato di metà settembre di 15,91 milioni di Km quadrati, nei giorni successivi il ghiaccio sembrava avesse iniziato l’inevitabile fase di regressione, per poi invece riprendere ad estendersi a fine mese, verso il nuovo record, con valori che superano di oltre un milione di Km quadrati le medie storiche.
Ricordo ancora che i dati riguardano soltanto il ghiaccio marino e quindi la banchisa, non il ghiaccio continentale, e che la sistematica misurazione delle aree glaciali, è iniziata soltanto nel 1979, con l’avvento dei satelliti polari geostazionari. Ancora, purtroppo, pessime notizie, invece, riguardano la calotta glaciale artica, che sta vivendo ancora una fase di estrema sofferenza. Da oltre un mese oramai la banchisa è stabilmente ridimensionata al minimo storico di circa 3 milioni di Km quadrati, un’estensione che significa il 27% in meno rispetto al precedente record negativo del settembre 2005 (4,01 milioni di Km quadrati). Tutto questo vuol dire, che tra agosto e settembre sono stati persi oltre 2 milioni di Km quadrati di banchisa artica rispetto alle medie storiche, una superficie pari a quella di Alaska e Texas messi assieme.
Ricordo che il record assoluto di estensione minima è stato raggiunto il 16 settembre di quest’anno con 2,92 milioni di Km quadrati. Ora mediamente, con i primi di Ottobre, finalmente, dovrebbe iniziare l’inversione di tendenza, forse fanno ben sperare le prime ampie aree già innevate dell’Emisfero Boreale, visibili dalle immagini satellitari, che riguardano soprattutto il Canada nord-orientale e le regioni della Siberia nord-occidentale in corrispondenza del Mar di Kara e della Siberia orientale.

lunedì 1 ottobre 2007

Surriscaldamento Globale Colpa dell'Uomo - Non tutti sono d'accordo.

Accade da tempo che sul Surriscaldamento Globale del Pianeta dovuto all'azione nefasta dell'uomo vi sia un 'coro' del tutto eterogeneo, che propone e impone il suo punto di vista e le sue conclusioni catastrofiche. Ogni tanto però emergono - ed ultimamente ce ne sono diverse e sempre più autorevoli - voci del tutto dissonanti.
Una di queste ce la racconta Gabriele Beccaria per “La Stampa” che ha intervistato lo scienziato Richard Lindzen.
Ecco il suo resoconto.
Finalmente uno scienziato eretico. Sotto un cielo limpido e un’aria frizzante che spazza via i brutti presagi sul riscaldamento globale il professor Richard Lindzen si diverte moltissimo a sfidare i catastrofisti. Se in foto ama le pose sulfuree, dal vivo, invece, uno dei critici più celebri dell’effetto serra è un «entertainer» scatenato. E a volte ricorda Woody Allen.

«E allora?». «Credete che tutte queste chiacchiere siano scienza?». «Pensate solo alla Co2, ma che cosa dovremmo fare? Smettere di respirare? Sono certo che le termiti ne emettano molta più di noi, eppure nessuno le vuole limitare». «Questi allarmismi servono solo a limitare lo sviluppo». «E intanto molti scienziati che la pensano come me tacciono, perché hanno paura di perdere fondi e credibilità».
Professore, lei è a Venezia, dove ha partecipato alla conferenza «The Energy Challenge» organizzata dalla Fondazione Umberto Veronesi: come può negare quella che sembra un’evidenza oltre ogni dubbio? Proprio lei, che ha contribuito all’elaborazione del famoso rapporto dell’IPCC sui cambiamenti climatici!
«Lo sa che il rapporto dell’IPCC ha 2 mila pagine e che nessuno l’ha mai letto tutto? Al massimo un po’ di gente ha sfogliato i comunicati stampa».
Ma che la Terra si scaldi è assodato. O no?
«Sì, certo. C’è stato un riscaldamento nell’ultimo secolo e mezzo. E le nostre emissioni hanno dato un contributo. Il problema è che ora ecologisti, verdi e anche governi reclamano azioni immediate, ma queste paure non hanno niente a che fare con la scienza».
Inondazioni e siccità, scioglimento dei ghiacci e nuove malattie, tutti fenomeni legati al riscaldamento: le paure sono giustificate, non le pare?
«Non è così. Ciò che in tanti, e anche molti scienziati, non capiscono è che l’unica certezza che abbiamo sul clima è che sta cambiando. La Terra, però, si è sempre scaldata e raffreddata di qualche decimo di grado ogni anno. E, se si studia la storia del Pianeta, si nota che non c’è mai stata una temperatura “perfetta”. Gli allarmi su basano su un falso assunto».
Quale?
«Che viviamo in un mondo perfettamente stabile. Così si elaborano previsioni sul 2040 o sul 2100, costruendole su lunghissime catene di eventi, che diventano sempre più imprevedibili via via che i tempi si allungano. E alla fine l’attendibilità è pari a zero. Lei troverebbe mai un banchiere che scommetterebbe i propri soldi affidandosi a scenari del genere? Nessuno!».
Resta il fatto che buttiamo troppa Co2 nell’atmosfera e che - come anche lei riconosce - abbiamo una parte di responsabilità nell’aggravarsi dell’effetto serra. O no?
«Il punto è proprio questo: quanto stiamo veramente contribuendo al riscaldamento globale? Che i modelli siano sbagliati è dimostrato da un mistero: perché, se fosse vero, e non lo è, che è solo colpa nostra, le temperature non sono decisamente più alte di quelle che registriamo?».
Può spiegarlo?
«Le rispondo che, secondo molti modelli, un raddoppio della Co2 dovrebbe accrescere le temperature medie tra 1.5 e 4.5 gradi. Al momento abbiamo già superato i tre quarti di questi valori di emissione, eppure le temperature sono salite solo di 0.6 gradi dall’inizio dell’era industriale. E in più i cambiamenti non sono stati uniformi: il riscaldamento si è concentrato nei periodi tra il 1919 e il 1949 e tra il 1976 e il 1998, alternandosi a fasi di raffreddamento. E nessuno ha ancora spiegato in modo convincente queste discrepanze».

Lei riconoscerà almeno che l’inquinamento sta devastando il pianeta: immense nubi nere si estendono dalla Cina alla California, le foreste scompaiono e i grandi fiumi soccombono all’ipersfruttamento e alle aggressioni della chimica. Anche questi fenomeni sono allarmismo da quattro soldi?
«L’inquinamento è una questione immensamente più vasta, mentre per lo più ci si concentra unicamente sull’anidride carbonica. Ma il problema si risolverà».
E come? Cina e India fanno l’opposto.
«Pechino e Bombay faranno come hanno fatto Londra e Pittsburgh tra Ottocento e Novecento. Puliranno la loro aria e la loro acqua: succede sempre quando si arriva a un certo livello di sviluppo. Il benessere impone che si migliorino anche le condizioni ambientali. Noi, in America, l’abbiamo già fatto: ricordo Chicago quando ero un ragazzino. Gli strati neri si depositavano sulle finestre, mentre adesso si respira. A questo gli ecologisti non pensano mai».
Intanto non è meglio andare avanti con i tagli alle emissioni e cercare di raggiungere, almeno, i pur modesti parametri del Protocollo di Kyoto?
«La realtà è che, finora, le azioni intraprese per tagliare le emissioni hanno avuto una serie di conseguenze negative senza aumentare le nostre capacità di adattamento ai cambiamenti climatici. L’enfasi sull’etanolo, per esempio, ha causato rivolte in Messico per l’aumento dei prezzi del mais e nel Sud-Est asiatico ha accelerato il tasso di distruzione delle foreste».
Ma il rispetto dei limiti alle emissioni è considerato indispensabile, anche in molti Stati Usa.
«Questi tetti non conducono altro che all’aumento dei prezzi energetici e il “permit trading” - gli scambi internazionali delle quote di inquinamento - aggravano la corruzione: chi si ricorda che la Enron - la società Usa che ha provocato il più tremendo scandalo finanziario degli ultimi decenni - era una lobbista per il Protocollo di Kyoto? Sperava di mettere le mani su quel mercato!».
Comunque i combustibili fossili non ce li potremo permettere ancora a lungo: è ottimista sulle energie rinnovabili? Troveremo presto un sostituto credibile al petrolio?
«Il petrolio non finirà per il semplice fatto che a un certo punto diventerà troppo caro e quindi si investirà su altre risorse. In realtà c’è tempo: credo almeno tre secoli. Noi possiamo pensarci, ma saranno i nostri nipoti a risolvere il problema».