martedì 15 gennaio 2008

Benedetto XVI alla Sapienza. Un caso italiano.


Veramente incredibile che in questo paese, afflitto da mille problemi, economici, sociali, di giustizia, di amministrazione, di salute, di educazione civica, di legalità, di dignità di vita, di povertà di massa, ecc.... sia ora divenuto un problema, anzi il problema la presenza di Benedetto XVI all'Università di Roma - La Sapienza, per l'inaugurazione dell'anno accademico.


E' da parecchio tempo che percepiamo i sintomi di questa crisi anti-clericale che sta montando nel nostro paese, e che ha trovato nella elezione di Ratzinger, considerato il modello del conservatorismo, forti sempre più forti motivazioni.


Così, a un visitatore che oggi si trova a guardare alle cose italiane, sembra di essere tornati indietro di 150 anni, quando il nostro paese si divideva sulle barricate tra papisti e anti-clericali. Quando si discuteva di 'laicità dello stato' e di 'crimini del potere temporale'.


Sono passati 150 anni, ma i toni sono gli stessi a leggere i proclami che sentiamo, che leggiamo in rete. Sembra che la Chiesa sia rimasta ai tempi della Santa Inquisizione, sembra che nessuno si accorga che questo è un paese ormai in via di elevata 'scristianizzazione', dove se si accende la televisione, se si gira per strada, se si parla nei bar, se si va in Rete, si fatica e non poco a trovare 'tracce' di quei valori che hanno rappresentato il dna di questa terra per qualcosa come 2000 anni.


Invece no, la Chiesa fa ancora paura. Dà fastidio. Va bene se si occupa di messe e confessioni, ex voto e madonne, ma guai se apre bocca sui principi etici, su questioni di vita o di morte. Non dovrebbe parlare, non dovrebbe esprimersi.


E se lo fa, giù con l'accusa di teo-crazia. Ignorando che sono altre, oggi, le religioni che impongono le proprie scelte di governo con la forza, con l'intimidazione, con la morte.


Ci sembra interessante riportare la chiusura del pezzo di oggi di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, sul quale sarebbe bello meditare, anche per abbassare un po' i toni di questo 'scontro' davvero oggi come oggi incomprensibile:


" C'è l'idea che in una democrazia che vuole essere tale la religione debba essere esclusa da qualsiasi spazio pubblico; che esistono orientamenti culturali e ideali - e quelli religiosi sarebbero i primi tra questi - i quali sono radicalmentee incompatibili vuoi con la società democratica e con il suo ethos pubblico, vuoi più in generale con una moderna visione del mondo. E che quindi nell'università possa trovare posto e avere corso soltanto quello che si autodefinisce compiaciutamente il 'libero pensiero'.

Idea inquietante che mette inevitabilmente capo a una sorta di obbligatorio laicismo di stato, di pubblica preferenza sociale accordata all'irreligiosità: tutta roba in cui l'autentica tradizione liberale si è sempre ben guardata dal riconoscersi, ravvisandovi giustamente una più che probabile anticamera del dispotismo."

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